GIOVANNIRISSONE
PSICHIATRA
MANAGER DELLA SANITÀ PUBBLICA E DELL'EMERGENZA
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Giovanni Rissone - Manager della sanità pubblica e dell'emergenza
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Giovanni Rissone - Una vita da matto vestito da dottore

Rassegna stampa su Giovanni Rissone


da La Stampa del 11-01-1999

Dopo la denuncia degli ospedali invasi di notte da tossici e barboni in cerca di rifugio. "Cerchiamo un tetto per gli sbandati". Presto un incontro in Comune

Clicca per scaricare l'articolo originale (formato pdf) Il caso Giovanni Bosco approda in Comune. Il direttore generale dell'Asl 4, Giovanni Rissone, incontrerà questa settimana l'assessore all'Assistenza, Stefano Lepri, per discutere di soluzioni al problemi dei tossicodipendenti e dei barboni che ogni notte cercano riparo all'interno dell'ospedale di piazza Donatori di Sangue. Con Rissone e Lepri ci saranno anche don Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, ed Ernesto Olivero, ispiratore del Sermig, il Servizio Missionario Giovanile di piazza Borgo Dora: "Quello dei tossici e dei senza tetto alla ricerca di un riparo negli ospedali non è un problema soltanto del nostro ospedale - dice Giovanni Rissone. Dunque è la città che deve trovare una risposta: una società che si definisce ovile non può occuparsi di loro esclusivamente in periodo elettorale". E ancora: "Capisco che gli sbandati che vagano in ospedale creino preoccupazione sia ai ricoverati sia ai loro parenti. Ma deve essere chiaro: se mi chiedono di sbattere questa gente in mezzo alla strada, al freddo o sotto la pioggia, ebbene, non me la sento". Rissone chiede un tetto per tutti: "Se mi diranno che l'unica soluzione per "ripulire" gli ospedali dai tossicodipendenti e dai barboni che si aggirano all'interno è sbatterli una notte in cella, allora sappiano che non ci sto, preferisco restino qua". A due giorni della lettera di protesta su Specchio dei tempi, la questione sicurezza e igiene nei luoghi simbolo della salute torna dunque prepotentemente alla ribalta. Il discorso vale non solo per il Giovanni Bosco, ma anche per le Molinette, per il Martini, il Mauriziano, il Maria Vittoria. Ovunque c'è una barella su cui coricarsi e una coperta sotto la quale scaldarsi, è diventato un luogo di appuntamento fisso con la paura, soprattutto d'inverno, quando fuori è troppo freddo anche per chi è abituato a non avere casa. Sabato notte, all'interno del Giovanni Bosco, nessuna traccia di vagabondi: gli articoli di denuncia apparsi su La Stampa porteranno un po' di pace, per qualche giorno. "Ma il problema esiste, inutile nasconderlo, e fra poco saremo da capo", ammettono Giulio Fornero a Nicola Giorgione, direttori sanitari dell'Asl e dell'ospedale. Così l'altre notte, per rendersi conto di persona della situazione e per contare tutti i possibili "rifugi", i vertici dell'Azienda sanitaria, accompagnati da due vigilanti, hanno compiuto un sopralluogo dal quinto piano al pronto soccorso, dall'anticamera del blocco operatorio fino al Day Hospital di Pediatria al secondo piano, dal settore amministrativo alle camere mortuarie. "Questa città, che ha avuto feroci scontri per il centro di accoglienza a Santa Rita, dovrebbe imparare a vergognarsi", sussurra Rissone a metà del giro di ronda. "A noi direttori di ospedale spetta garantire la sicurezza dei pazienti, e quando questo non accede finiamo sui giornali. Ma a chi spetta occuparsi del diritto di tutti di avere una casa? Parlo di diritto, non di costrizione: non credo si possa obbligare un barbone a entrare in una comuntà-alloggio, se lui non vuole. Ma dico che a tutti dovrebbe essere garantito un pasto caldo, un tetto. 0 continueranno a cercarlo dove non dovrebbero, dove vengono cacciati in malo modo, e dove tanto torneranno la notte successive, perché non hanno alternative". Aspettando la riunione di questa settimana, al Giovanni Bosco si punta intanto sul sistema di telecamera a circuito chiuso, per individuare gli intrusi: nove telecamere e un monitor che evidenzia contemporaneamente i punti più a rischio nell'ospedale proietta costantemente in banco e nero il quadro della situazione nell'ufficio della guardia notturna. "Il sistema - spiega il vigilante - in grado di ingrandire le immagini e di registrarle su videocassette, se è il caso". "Ma non è con le telecamere - dice Rissone - che si affronta alla radice la questione".
Marco Accossato

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