Rassegna stampa su Giovanni Rissone
da La Stampa del 17-06-1989
Dibattito a Torino sul nuovo psichiatra
Cura ecologica contro la follia
"L'ambiente e la qualità della vita possono aiutare il malato"
TORINO - Lo psichiatra americano Auerswald, uno dei fondatori della terapia della famiglia, racconta questa
storia al primo Congresso internazionale sui Servizi di salute mentale e la Ricerca che si è tenuto ieri e
l'altro ieri a Torino. A New York viveva un panettiere italo-americano con la sua famiglia: la moglie, figlio con
la nuora e una neonata, la figlia con il genero. Nel giro di due giorni tre di loro si rivolgono ai servizi
sanitari del quartiere: il nonno lamenta un'ulcera, il figlio un attacco di impotenza, la nuora vuole sapere se a
quattro settimane dal parto può iniziare una nuova gravidanza.
Il coordinatore del servizio vede i tre casi, capisce che in quella famiglia sta succedendo qualcosa che va oltre i
sintomi clinici e va a trovarli. Scopre che il padre ha promesso cinquemila dollari al figlio se accetta di avere
subito un secondo figlio, la figlia ne è gelosissima, la nuora non sa che pesci pigliare (e intanto il
marito non riesce più a fare l'amore con lei).
Il padre non vuole spiegare alla famiglia che cosa c'è dietro ai cinquemila dollari. Accetta però di
parlarne, in segreto, con lo psichiatra: ha il sospetto che il figlio non sia suo figlio e, per scacciare il
dubbio, vorrebbe un nuovo nipotino che gli somigliasse (la neonata assomiglia alla madre). Per riportare la pace in
famiglia, lo psichiatra propone di spiegare il gesto con il desiderio, tutto italiano, di un maschio che perpetui
il nome. L'uomo accetta. L'armonia è ristabilita. L'indomani va dall'internista che non trova traccia di
ulcera. Il figlio ritorna a una normale vita sessuale. La nuora allatta senza più pensare a una nuova
gravidanza.
La storia, naturalmente, ha una morale: il malato è qualcosa di più di un sintomo, l'esasperazione
specialistica non paga. Questo tanto più vero in psichiatria, dove dietro il disagio e la malattia ci sono
storie lontane e complesse. Di qui la forza di quella corrente di pensiero che parla di "ecologia della mente"
così come si parla di "ecologia delle specie".
Il convegno di Torino, organizzato dalla Segreteria permanente per far salute, voleva appunto verificare come
procede la ricerca su queste nuove frontiere, che cosa cambia nell'universo dei malati di mente. Che la tendenza
attuale sia il superamento dei manicomi, è abbastanza evidente: capita negli Stati Uniti, in America Latina,
Germania, in Grecia, in Spagna. Le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità per i paesi del
Terzo Mondo sono di costruire dei servizi territoriali, non degli ospedali psichiatrici.
Il problema è che cosa sostituire ai manicomi e alla repressione, come fare un lavoro di riabilitazione,
come ricucire un tessuto di relazioni, affetti, lavoro, occupazione - "riconnettere ci6 the a stato sconnesso" -
direbbe Auerswald. In altre parole, in che direzione e in che modi organizzare una ricerca scientifica che, avendo
obbiettivi nuovi, non può che essere diversa da quella fatta all'interno dei manicomi.
Gli eretici di un tempo - il gruppo cresciuto intorno a Basaglia e promotore della legge 180 per la chiusura dei
manicomi - hanno ora al loro fianco importanti istituzioni che li legittimano: l'Organizzazione mondiale della
sanità, l'Istituto Mario Negri. L'Istituto superiore per la sanità, la Società italiana di
Medicina generale.
E l'idea di una ecologia della mente non è più confinata nelle elite della California: la
frammentazione della realtà non funziona più, la frammentazione del malato non vale a guarirlo. Non
si può prescindere dal contesto in cui vive, dalla sua storia, i suoi sogni e i suoi dolori. Se si riduce
tutto a un sintomo con la sua bella e rassicurante etichetta, non si trova una soluzione duratura.
Il problema però è come dare scientificità a tutti questi discorsi. All'interno del
manicomio, la ricerca aveva caratteri ben precisi, definiti e ufficialmente riconosciuti. Quando il discorso si
sposta sul territorio - famiglia, lavoro, amicizie, servizi sociali - il campo di ricerca diventa vastissimo e
ambiguo. La psichiatria tradizionale era soddisfatta della scomparsa del sintomo, qualunque ne fosse il prezzo.
La psichiatria "ecologica" mette in conto anche concetti come "qualità della vita", si interroga sul
significato di guarigione e malattia. Non accetta di curare un'allucinazione con uno psicofarmaco che
rincitrullisce, ma vuole trovare una soluzione che offra anche un livello di vita soddisfacente.
Dove sia questa soluzione, non è ancora ben chiaro. L'idea-guida dei relatori al congresso di Torino, con
tutte le sue sfumature, e quella di trattare il "disordine mentale" come si tratta quello ambientale: raccogliere
dati su quanto succede, elaborarli, trovare la causa reale degli eventi, intervenire ripristinando equilibrio e
armonia. E' più facile teorizzarlo che farlo, naturalmente.
Marina Verna
Torna all'elenco degli articoli